lunedì, ottobre 24, 2005

Francesco Aarhus Miniserie - Parte 1 di 4 : In viaggio con i piccoli prof


La Fays Production
Presenta:
Francesco Aarhus Miniserie
Parte 1 di 4 : In viaggio con i piccoli prof


72 giorno (Primo a Aarhus)
18 ottobre 8.30

Cari amici, come promesso qui comincia il diario del mio primo viaggio erasmusiano (se escludiamo Drobak). Sono al gate 37A dell’aereoporto di Oslo, in attesa del boarding per il volo che mi porterà in danimarca. Devo dire che come partenza è stata abbastanza normale, certo normale per uno come me!
Ieri sera a lungo ho penato per addormentarmi: la mia coscienza era sorretta dalle munifiche note della chitarra di Are, che si spandevano nella notte profonda (ore 10.15) come soavi lamenti di creature di un altro mondo. Poi la sua voce è arrivata a completare l’opera, rigettandomi dalle piacevoli nebbie prima del sogno, dove luci mistiche giocano sul prato infinito oltre i colori primari, nella fredda sera osloense dove il ghiaccio già cominciava a rendere muti i fiori.
Stamattina un suono impietoso ha percorso la mia mente, aprendo come in una morsa, i miei occhi che fugaci hanno cominciato a sondare l’ambiente. Buio. Freddo. Le sei.
Mi preparo in fretta cercando di non svegliare il sonno dei giusti, ho anche il tempo di divorare uno dei meravigliosi muffin di Oslo, quelli che riescono a riempire una mattinata gelida di un dolce sapore di cioccolata. Meglio del nesquick.
Poi fuori, ad affrontare il freddo, sotto un cielo di stelle che fanno splendere il ghiaccio delle ore prima dell’alba e una luna così luminosa e piena da sembrare irreale. La metro arriva puntuale, annunciata dai lampi azzurri sulle rotaie e da quel sibilo come di un animale agonizzante.
Il vagone è quasi vuoto: c’è più gente di quanta pensassi. Fuori il buio mangia i contorni di ogni cosa e quel viaggio ormai familiare mi pare la caduta in un mondo vuoto. Addirittura lo speaker che annuncia le fermate si sbaglia: "Neste stajion Majorstua…Tasen!" E io sorrido pensando che a quest’ora si può perdonare tutto.
Poi la luce verdognola di Jerbanetorget mi accoglie come un pomeriggio di calma sopita e io mi avvio, sicuro per una volta della meta, a prendere il treno per l’aereoporto. La stazione è viva, come un immenso animale meccanico con flussi di treni e persone mossi dai motivi più svariati, ma pronti a viaggiare, per quanto il viaggio possa essere breve o lungo. Faccio il biglietto e salgo sul Flytoget.
Pare che dobbiamo fare il boarding ora, continuo dopo.
Falso allarme e figuraccia: ho dimostrato, se cen’era bisogno, a tutti questi uomini d’affari intorno a me che io non sto viaggiando per lavoro!
Sul Flytoget ho visto Oslo allontanarsi mentre il treno fendeva le campagne ombrose. Poi uno strano colore blu ha coperto i finestrini, una patina di grigiore ha offuscato tutto. Mi sono accorto, quasi di colpo, di star viaggiando in una delle nebbie più dense che io abbia mai visto: non c’era nulla fuori, solo le luci dei lampioni davano al sicurezza di essere ancora nel regno dei vivi.
Ma quelle luce immerse nella nebbia persistente sembravano belle come delle fate sulla superificie cristallina di un lago e sono rimasto incantato dalla loro danza, tanto che la voce tranquillizante che annunciava l’arrivo all’aereoporto mi ha colto completamente alla sprovvista.
L’aereoporto è ancora più pieno della stazione: luminoso, abbagliante, attrae con strani giochi di prestigio commerciale e calma i brividi con calde e ristoranti pause dove non ci si può non adagiare a sorseggiare gustose bevande pensando alle nuvole.
Mentre mi dirigo verso il gate, dalle ampie finestre vedo la nebbia sommergere ogni cosa e gli aerei con le ali immense che si perdono nel grigiore fantasma.
Arrivo al gate. E’ presto. Allora prendo un cappuccino a un bar dove come panini ci sono i tipici sandwich aperti alla norvegese, ai gamberetti, al salmone e addirittura alle aragostine. Distolgo lo sguardo rapido per immergermi nella schiuma della tazza.
Quando ho finito e ho gola e lingua completamente bruciate cerco un bagno e seguo un cartello mendace fino in un posto strano. Capisco di aver sbagliato, ma un tizio mi ferma repentino e mi parla in norvegese. Io al solito gli chiedo la traduzione e lui mi dice: "Venga, venga." Oh no! Paura! Ma io non ho fatto niente, passavo di qui, cercavo il bagno! Con aria pietosa capisce che sono solo un povero disgraziato e mi lascia andare…
Dopo aver trovato il bagno ben nascosto vado al gate, ma sorpresa! L’hanno cambiato! Argh! Allora prendo a setacciare i cartelli sfavillanti per trovare il gate giusto e alla fine mi trovo davanti ad una porta che dà pare all’esterno, c’è una tizia che sistema dei pacchi. Le chiedo lumi, lei mi offre tenebre, io prendo la porta dopo che un tizio vi si è immerso.
E così mi trovo in un corridoio freddo, poi per delle scale e un tunnel e alla fine arrivo qui, al gate fantasma, disperso quasi nel nulla. Capisco ora che a prendere sto volo saremo in cinque…mah! Ora sto aspettando il boarding…volare, oh oh! Fra poco sarò tra le nuvole, lì dove solo le aquile osano! (sì una volta) mi sento in mezzo a una combriccola di piccoli prof…forse è ora! Ci sentiamo dopo!

Ore 9.31

Il volo è in ritardo per il nebbione. Che barba, speriamo bene! Ma io me lo snetivo…Vabbè, dai, ora devo aspettare ancora in mezzo a questo concilio di professori, non c’è nemmeno una donna! Nemmeno un ragazzo! Aiuto! No, no, l’esame di scienza politica l’ho già fatto! No, non mi interroghi di nuovo!

Ore 14.11

Cari amici, sono in Danimarca!
Sono sopravvissuto ad uno di quei viaggi che possono capitare solo a me, di cui ora o poi vi parlerò bene. Sono nella stanza di Fabio Massimo in uno student residence di Aarhus (si legge orhus). Stiamo per mangiare un pollo alla cacciatora che emana un profumo divino: davvero Fabio è un cuoco provetto! Comunque riprendiamo il racconto da dove l’ho lasciato.
Dopo aver fatto l’imbarco sono salito sull’autobus insieme ai piccoli prof. La nebbia era intorno a noi e giustificava i venti minuti e più di ritardo che il volo ha subito. L’autobus si è immerso nella nebbia e ci ha portati attreverso strade luminose fino all’aereo. E lì non ho potuto fare a meno di esclamare un "Oh madonna mia!" che ha fatto girare tutti i prof verso di me.
L’aereo era microscopico, massimo 15 posti credo! Oh mio dio, ma quel coso vola? Sicuri che non vada via terra? Faccio per salire sul trabbicolo mentre per la prima volta in vita mia ho paura di volare. Prima di salire mi fanno depositare lo zaino perché dentro non c’è posto!
E così entro nel veicolo.
Ora pranzo. A dopo.

Ore 20.20

Fabio è un genio. L’odore dei funghi sta riempiendo la stanza mentre lui cucina come uno chef provetto. Ma di questo parliamo dopo. Continuamo il racconto.
Il trabiccolo della British Airways è molto basso. Con il cuore pulsante salto i ventiquattrorati e mi dirigo al secondo posto dell’aereo. Il mio. Fuori l’ala pare piccola, con un rotore sproporzionato e un’elica grande e possente.
L’hostess mi sorride come se fosse la prima volta che volo, poi vede il libro italiano con segnalibro-cartolina di Madrid e tace.
La nebbia è intorno a noi. La pala del rotore comincia a girare velocissima, creando come un vortice nella nebbia fine. Io continuo a guardare fuori mentre il velivolo comicia a muoversi, quasi penso che stia per uscire dall’aereoporto e prendere l’autostrada quando un’accellerata mi annuncia l’inizio del decollo. Paura…Il trabiccolo traballa nella nebbia e poi dopo un attimo di calma prende il volo. In pochi istanti la nebbia è sotto di noi, un mare infinito che pare così minuscolo e insignificante illuminato dall’alto dal meraviglioso sole del cielo oltre le nuvole. E’ bellissimo. L’aereo sembra andare lentissimo mentre il panorama di laghi e colline sotto di me è meraviglioso.
Dopo un po’ mi immergo nella lettura dell’ultimo romanzo di Terry Brooks (un mito! un mito!). Noto, però, vicino alla tenda della cabina del comandante (che ogni tanto si sposta mostrando strane luci e bottoni) c’è una placca con i membri dell’equipaggio. Sono solo tre pilota ,4 tacchette, copilota, 3 tacchette e hostess, tal Maria Junior, con una solo tacchetta! No ciccina, dai che ce la fai, riuscirai a far carriera!
Maria mi porta un succo d’arancia, poi una scatola con gustose cibarie, poi del pane. E io comincio a fare il casino più totale! Spalmo il burro salato (danese!) sul pane che si frantuma coprendomi di briciole, poi apro il formaggio e mangio pure quello mentre mi dirigo ferino su un dolcetto al cioccolato e una marmellata divina…
Insomma, gustando la mia terza colazione della giornata e leggendo il libro in poco tempo il viaggio passa e l’aereo si reimmerge tra le nuvole per atterrare. Giunto il momento di scendere faccio per avviarmi verso l’uscita quando un tizio mi ferma: "E lei dove va?", e io "Aarhus…" e lui: "Ma questa non è Aarhus, Aarhus è la prossima fermata." Lo sapevo che era un autobus, lo sapevo…
Mi risiedo. Siamo rimasti solo in due passegeri, meglio dell’aereo presidenziale!
Dopo un mini viaggetto finalmente arriviamo all’aereoporto e dopo aver recuperato il mio bagaglio (la valigia di Laura), unico solitario in una sala completamente vuota, mi dirigo verso il Flybus. "Lei viene da Oslo?" mi chiede l’autista. Annuisco. "Andiamo". Salgo sull’autobus. Sono solo io. "Dove sta andando?" "A trovare un amico, lui è in erasmus e…" "No, dove ti porto?" Glielo dico. Andiamo.
Le campagne danesi mi accolgono con i colori dell’autunno e mi ricordano i paesaggi che vedevo ogni giorno mentre andavo al liceo…Dopo uno scambio di messaggi con Fabio e un lungo viaggetto entro in città. E’ bella, molto più continentale di Oslo, più calda, anche se non ho visto granché.
Scendo dal bus ringraziando l’autista. Fabio Massimo arriva qualche istante dopo. La sacra ricongiunzione! Ci immergiamo in una strada che è la Karl Johans Gate aarhusiana in cerca del cambio. Dopo averla percorsa a lungo distratti dalle chiacchiere ci accorgiamo di averlo saltato e torniamo indietro. Cambio i miei euro rimasti in corone danesi.
Vado a cena, pasta ai funghi!

Dopo mezzanotte

Stiamo per andare a dormire, è stata una giornata stancante. Non voglio trattenervi ancora a lungo sul resto della giornata anche perché non c’è stato molto a parte il primo contatto con le usanze danesi. Dopo aver avuto le mie nuove corone siamo andati a comprare l’Aarhus Pass per visitare i musei e poi siamo andati allo studentato e qui ce ne sono di cose da dire, ma ora sono stanco. Siamo usciti verso le sette a fare la spesa e poi abbiamo cominciato a chiacchierare finora. Ora gli occhi mis i chiudono, domani il primo sguardo al mondo danese. Per ora buonanotte da Aarhus!