sabato, novembre 12, 2005

Francesco Osloan Network #23


La Fays Production
Presenta:
Francesco Osloan Network
Castaway in Oslo

96 giorno
11 novembre 18.26

Cosa sta succedendo a Oslo? Cosa accade? Quest’inverno così impetuoso che cavalca il vento e scaglia frecce di ghiaccio ha spazzato via la vitalità dell’estate quasi con disprezzo. Gli alberi scheltrici hanno anche il loro fascino, ma tutte le aiuole rase al suolo, le fontane spente, i riflessi del sole sull’acqua del fiordo spariti…e poi il senso di abbandono, quella sporcizia che prima non c’era, il disordine che compare, i lavori in corso vicino KJG…E poi la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La fontana davanti al National Theatre, quella bellissima semisferica…non c’è più. La fontana più bella di Oslo non c’è più. Sostituita per l’inverno.
Mai inverno mi pesò tanto, non per il freddo, ma per questa privazione di energia vitale. Eppure è sempre stata la mia stagione preferita, io adoro la neve, e Natale e il mio compleanno…ma non dimentichiamoci che formalmente l’inverno non è ancora arrivato…
Non voglio dirvi altro ora. Ritorniamo al racconto.

Andata e Ritorno, un racconto italo-norvegese di Francesco Amorosino

Preludio all’Atto Secondo

Piccoli sbalzi dell’occhio, ramingo andando tra i sentieri familiari, coglie il ragazzo, non senza che il cuore manchi qualche battito. Solo dopo una lunga solitudine, accarezza nuovi tessuti e torna a sfogliare ciò che era perduto. Poi sedendosi su bianchi deschi ormai dimenticati, ritorna a udire voci fastidiose e dolci risate e il velo del silenzio sembra riempirsi di crepe, mentre gli sguardi gli corrono attorno. Il viaggio nella notte, tra la pioggia che scroscia, l’arrivo, le parole, le immagini e i racconti…il peso dell’assenza come il mantello tarlato di un vecchio, gli crolla addosso impietoso, strappandogli un gemito…

Atto secondo In cui la bizzarra chioma dell’eroe suscita commenti contrastanti e vengono riscoperti sapori dimenticati.

Il ritorno a Roma è stato tranquillo, la mia casetta era lì, ad aspettarmi calorosa tra le sue mura. Così mercoledì, mentre i miei sono andati a fare un giro, io sono rimasto a casa con la fratellanza a sistemare le ultime cose e a giocare a carte con mio fratello (che bello tornare bambini…Peter!).
Poi il pomeriggio i miei sono andati via (gocciolina) e io sono rimasto di nuovo solo, in realtà forse solo per la prima volta da tanti mesi, perché a Oslo c’è sempre gente attorno a me, e non ero più abituato alla mia casetta a misura di Francesco.
Giovedì è stato il giorno delle grandi rivelazioni, perché mi è toccato prendere l’immancabilmente ignoto autobus sulla Nomentana per arrivare all’università. Immaginate cosa significa per uno che arriva direttamente dalla puntualità estrema norvegese, ritrovarsi immerso nel caos, nel traffico, nello smog e nell’assoluta arbitrarietà dei mezzi pubblici romani. Già il primo giorno a Roma mi è toccato aspettare il 60 per ben 40 minuti, roba da voler gridare in mezzo a via Nazionale, cosa che non ho fatto perché mi è stata prontamente impedita, ma poi pensate che addirittura mi veniva strano entrare nell’autobus dalla porta sbagliata o vedere la gente che non si fermava vicino le striscie…Per fortuna non sono morto sulla strada come temevo, dopo essermi abituato alle belle abitudini norvegesi.
Ritornare alla Luiss è stato uno shock. Al senso di familiarietà che passare sotto al tunnel arboreo mi dava di solito era intrecciato una profonda sensazione di estranietà, come se qualche impercettibile cambiamento nell’aria o nelle foglie mosse del vento si rivelasse prova di un quadro falso.
Vedere la gente parlare in italiano di università, passeggiare e ridere, come mai ho visto nei composti viali di Blindern, mi ha riempito di un calore che mi stava venendo lentamente sottratto. E così, piano piano, l’odio che avevo provato nel vedere la confusione italiana si è trasmutato in amore, amore per un popolo che ha fatto della gioia la sua ragione di vita.
Ancora una volta ho avuto la prova che la taralluccievinosità italiana è più forte di qualsiasi cosa: non potremo mai cambiare il nostro modo di essere, perché per noi italiani tutto quello che abbiamo intorno è sempre da prendere come un gioco, con leggerezza, senza sentire il peso di un futuro incerto, anche perché se dovessimo pensarci adesso un suicidio di massa sarebbe lo scenario più probabile.
Invece questo senso di rilassatezza in un certo senso, ma di forte energia dall’altro, ci porta ad essere il popolo che più di tutti riesce a trovare il bello nelle piccole cose, nel piacere della tavola, nello stare con gli amici ed essere felici per una barzelletta o uno scherzo, ma è anche il nostro principale difetto che ci porta a essere superficiali in quello che facciamo, a non essere puntuali e spesso irritabili, a gridare per un nonnulla e a sporcare senza pensare alle conseguenze.
Le classiche due facce della stessa medaglia, che nessuno mai potrà staccare e che contraddistingueranno sempre il nostro carattere italiano. Quindi, o cittadini del mondo, se amate la pizza, il gelato, la tarantella ed il resto, siate pronti a fare i conti con il 60X, le gomme da masticare sulle panchine e le grida delle vecchiette.
Eccomi quindi davanti la palazzina della Luiss che svetta nel cielo azzurro di quella calda giornata. Scendo nella fossa mentre i miei occhi saltano da un particolare all’altro, cercando una faccia conosciuta, un sorriso, un saluto. Eppure non c’è nessuno mentre entro nel sottosuolo e mi do alla libera ricerca di amici.
Dopo un lungo peregrinare che mi porta anche in mezzo agli Erasmus dove una gocciolina quasi si fa strada, arrivo in aula magna. E là…Entro disinvolto e li vedo, i miei compagni…i miei colleghi se no a Ferdinando viene un attacco cardiaco…anzi i miei amici…sono tutti lì (o quasi), intenti a seguire una lezione di quella che in seguito ho scoperto essere la Sciso.
Io entro e tutte le teste si girano verso di me e i commenti attraversano l’aula. Sorridendo mi vado a sedere in fondo mentre Febronia urla: "E tu che ci fai qui?", quasi come se avesse visto un fantasma.
Poi la lezione finisce e mi vengono a salutare, Alessandra quasi mi strangola.
Vari commenti vengono suscitati dalla mia criniera: al "Tagliati quella frangetta!" di mia madre si aggiungono il "Sembri un elfo" di Chiara, "Sembri un hobbit" di Michele, "Sembri John Lennon" di svariate persone, "Sembri una rock star" di Cristiana e "E chi è quel figo?" di Michela, che seppur forse ironico, è stato il commento più apprezzato.
Vado a pranzo con Chiara e Ale e mangiando degli gnocchi alla sorrentina buonissimi, mi rendo conto che a Oslo se vuoi mangiare all’università fai prima a brucare l’erba del prato.
Poi resto un po’ in giro, qualche chiacchiera che mi fa capire che mi sono perso qualche cosa in questo periodo e poi dritto dritto a casa mentre loro tornano a lezione.
La sera cena con Cristiana che mi racconta cose assurde e poi a nanna, pronti per un altro giorno romano.
Nei giorni a seguire tante altre novità: sono stato a lezione di Diritto Comunitario, dove mi sono fatto un sacco di risate a vedere quanto sia diversa l’università italiana e qualche pianto a vedere quanto in basso Ferdinando riesca a scendere, sono andato al cinema, al ristorante giapponese, dove ho mangiato uno dei sushi più buoni di sempre, e a mangiare un meraviglioso, commovente gelato alla Palma che ho sognato per tre lunghi mesi, sono andato a pranzo dai miei zii dove ho mangiato da dio e mi sono divertito molto con la mia cuginetta.
Poi c’è stata la laurea di Laura (Laura Croce). Q uanto ho rosicato per non esserci stato mentre sbaragliava la commissione con cabarbia! Sono andato alla festa in macchina con Salvatore e Irene e lì è stata una vera impresa, Salva è stato bravissimo! Alla festa mi sono divertito tantissimo e ho capito davvero quanto mi mancassero…sigh.
Ultimo giorno. La mattina mi incontro con Baldini per convincerlo a farmi fare la tesi con lui. E’ stata dura, ma grazie alle mie mascotte Laura e Alessandra e ad aiuti da ogni parte c’è l’ho fatta. Sono riuscito a convincerlo. La mia tesi sulla semiotica dei personaggi dei comics, sta per diventare realtà. Dopo di questo la Luiss crollerà.
Poi ultimo atto prima della partenza: giro alla Feltrinelli con Laura e gelato alla Palma. Quattro mousse: Millefoglie, Profiteroles, Creme Caramel e Castagna…non lo dimenticherò tanto facilmente…
Partire è stato bruttissimo, ho sentito davvero che casetta m sarebbe mancata tanto, proprio per questo dopo aver fatto l’esame di EU, il contraccolpo da nostalgia si è fatto sentire…
La cugina di mamma mi ha accompagnato all’aereoporto e poco ci è mancato che non perdessi l’aereo. Mentre volavo nel cielo nero come la notte e leggevo l’ultimo piccolo capolavoro di Marjane Satrapi, Pollo alle Prugne, sentivo quell’oscurità avvolgermi tutto, come un mare di inchiostro in cui immergere le mani e cominciare a dipingere una storia, un’emozione, un cammino…

Sipario.
Applausi.